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Mondiale SBK, cosa resta dopo Assen?

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Il Weekend SBK di Assen è appena terminato, ma lascia tutti con diverse certezze e altrettante domande. Jonathan Rea è il punto fermo del campionato 2017 SBK. Gli altri dove sono?

La certezza più granitica porta il nome di Jonathan Rea, che su otto round sino a qui disputati, ne ha vinti sette, collezionando come peggior risultato un secondo posto in Gara 2 ad Aragon. Dopo appena quattro appuntamenti, Rea ha già 64 punti sul suo diretto inseguitore, che di nome fa Tom Sykes e guida la stessa moto di Johnny. Per capire meglio la situazione, se al weekend di Imola Rea non si presentasse e Tom vincesse entrambe le manches, Jonathan resterebbe ancora primo con 14 punti di margine. Oppure, sempre ragionando per ipotetiche previsioni, se il ruolo di marcia di Rea restasse lo stesso, diventerebbe campione del mondo con oltre 200 punti di margine sul secondo. O anche, restando sulle medesime proiezioni, Rea potrebbe saltare gli ultimi 3 weekend della stagione vincendo comunque il titolo.

Certo, è ovviamente un pronostico di pura fantasia, quasi al limite dell’inverosimile, ma è perfetto per capire la marcia del pilota di Ballymena che, probabilmente, vincerà il terzo titolo consecutivo in sella alla Kawasaki. Che cosa succede invece alle spalle di Rea?

Tom Sykes e la seconda Kawasaki

Partiamo da Tom Sykes. Ormai tutti hanno appurato che difficilmente rivedremo più il pilota campione del mondo del 2013. L’arrivo di Rea ha cambiato non solo gli equilibri della squadra ufficiale Kawasaki, ma ha probabilmente modificato anche l’impatto alle gare per Tom. In più di un’occasione Sykes ha dimostrato, anche nelle passate stagioni, di soffrire la pressione psicologica e fisica di Jonathan. Nonostante tutto resta comunque un pilota granitico, aiutato anche da quella che è probabilmente la miglior moto dello schieramento. Forse con uno stile di guida meno ruvido riuscirebbe a preservare maggiormente le gomme, migliorando ulteriormente le già eccellenti prestazioni. La realtà, intoccabile, è che oggi la Kawasaki è in testa alla classifica costruttori con 42 punti di vantaggio su Ducati.
Veniamo quindi a Ducati.

Davies, Melandri & Ducati

Chaz Davies nel weekend di Assen ha collezionato un ritiro e un terzo posto. E’ probabilmente il pilota più apprezzato della griglia. La sua determinazione nel voler portare la Ducati a un livello superiore è palese in ogni momento della gara. Non si risparmia mai, cuore e anima in ogni staccata e in ogni sorpasso. Purtroppo, a volte, questa determinazione porta Chaz a commettere errori o a chiedere troppo alla sua Panigale che, nonostante migliori di anno in anno, non fornisce ancora un pacchetto pari a quello di Kawasaki. Così a volte siamo costretti a vedere il pilota di Knighton scivolare nelle vie di fuga. Ieri la sua moto si è ammutolita a un giro dal termine della gara, interrompendo la sua lotta per il primo posto.

La squadra ha parlato di un problema elettrico ma a noi sorge un dubbio. Tentiamo di analizzarlo senza la pretesa di essere dalla parte del giusto. Per non gravare sulla performance con zavorre inutili, le moto sono rifornite con il minimo di benzina necessaria, calcolando il consumo al giro. Si immette nel serbatoio la benzina necessaria per un lap moltiplicato per il numero dei giri. A questa si aggiunge la benzina necessaria ad altri tre giri: allineamento, warm up lap e giro di rientro. La gara di Assen era di 21 giri e quindi la benzina immessa deve essere quella necessaria a farne 24, magari con un leggero arrotondamento per eccesso a garantire maggiore sicurezza. Ora ipotizziamo che un tecnico si dimentichi di aggiungere il carburante per i tre giri “extra”. In questo caso il pilota si fermerebbe a 21 giri effettivi. Ora facciamo i conti di quanti giri ha fatto Chaz, considerando anche il giro di allineamento e quello di warm up, e prendiamo in considerazione il tutto, traendo le conclusioni. In gara due ha corso in maniera più prudente, sapendo bene quanto oggi era importante portare a casa un risultato dopo lo stop del sabato.

ASSEN SBK LIBERE DUCATI

@DUCATI

Di Marco Melandri in gara uno abbiamo visto quasi due versioni diverse. Durante la prima parte della gara ha lottato per restare con i primi tre, nonostante la sua moto si muovesse in ogni direzione, dondolando anche durante i rettilinei. Nonostante questo, Marco è riuscito a non farsi distanziare, mettendo tra se e il suo primo inseguitore oltre dieci secondi. Poi, nel tempo di tre curve, lo abbiamo visto allontanarsi talmente tanto da ipotizzare un errore o un guasto. Invece i suoi tempi si sono stabilizzati su un passo a volte inferiore a quello del gruppo degli inseguitori, facendo temere a tutti che potesse essere ripreso prima della fine della gara. Ha raggiunto il podio solo a causa del ritiro di Davies. In gara due Macho è scivolato durante un duello con la Panigale del team Barni, pilotata da Fores. Ed era lo stesso Fores che in gara uno guidava il plotone degli inseguitori di Marco e che, con qualche giro in più, avrebbe potuto forse raggiungerlo. Per tutto il weekend Melandri ha faticato incredibilmente a guidare fluidamente la sua Panigale, tanto da dichiarare, al termine di gara uno, che avrebbe messo la firma per essere nella top five e che, nonostante la contentezza per il podio, serve un altro step per poter duellare almeno con Sykes. Quindi la possibilità di battagliare con Rea, almeno per il momento, Marco non la prende nemmeno in considerazione.

Che cosa serve quindi oggi, alla Panigale, per poter essere alla pari con la Kawasaki? La velocità di punta è da escludere, visto che spesso la rossa di Borgo Panigale segna delle top speed persino maggiori della verdona. Anche le uscite di curva sono paragonabili. Allora cosa manca? Guardando nel dettaglio le traiettorie di Davies e quelle di Rea, si notano facilmente percorrenze di curva diverse, a favore di Jonathan che, costantemente, percorre meno metri rispetto a Chaz. Si tratta solo di stili di guida o Ducati ha maggiori difficoltà nell’inserimento e percorrenza di curva? Ad oggi il campionato è alla portata solo di Kawasaki e Ducati, è vero, ma le altre case? Gli altri piloti?

Yamaha Crescent

Yamaha, terza forza di questa stagione, è distante 66 punti da Ducati e 108 da Kawasaki. In questo weekend olandese, i suoi piloti ufficiali, Van Der Mark e Lowes, hanno vissuto l’inferno e il paradiso. Entrambi ritirati nella prima manche, hanno gloriosamente concluso rispettivamente in quarta e quinta posizione gara due. Oltre a confermare la mancanza di costanza, necessaria al risultato finale, persino le posizioni della seconda gara dimostrano la difficoltà della casa dei tre diapason, che ha piazzato le moto a 8 e a 16 secondi dal vincitore. Van Der Mark, il più veloce dei due, ha un best lap più lento di quasi mezzo secondo rispetto a quello di Rea. Quasi di un secondo è invece la differenza tra il miglior giro di Lowes e quello di Rea.

BMW Althea e le altre contendenti

BMW, generosamente rappresentata dal Team Althea, è a 24 punti di distanza da Yamaha. I suoi piloti navigano spesso a metà schieramento, nonostante Torres abbia dimostrato in tante occasioni di poter fare davvero bene. Che cosa manca alla Casa tedesca, un tempo supportata ufficialmente, per gareggiare con i primi? Probabilmente il segreto è proprio questo, una carenza di appoggi ufficiali da parte della casa madre.
Aprilia e MV Agusta sono distanziate da un unico punto (55 e 54) nonostante Aprilia schieri in griglia 3 moto (due ufficiali e una privata), mentre MV possa contare solo sul pilota ufficiale Leon Camier. Inoltre, pur essendo due progetti non recentissimi, la F4 è sicuramente la più obsoleta delle moto in griglia. Alla luce di questi dati viene piuttosto spontaneo porgere omaggi e onori al Reparto Corse di MV e chiedersi dove sia finita quell’Aprilia che solo tre anni fa vinceva il titolo mondiale con un pilota come Guintoli.
Honda chiude la classifica costruttori con 50 punti. Capiamo il ritardo dello sviluppo dato dalla tardiva consegna delle moto al team, ma al rientro in Europa tutti si aspettavano enormi passi avanti. Qualcosa si è visto, ma piloti come Bradl e soprattutto Hayden, meritano risultati ben differenti.

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