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MotoGP, Mike Webb: «Marquez non può subire nuove sanzioni per lo stesso incidente»

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Secondo le parole di Mike Webb riportate da diversi media, lo spagnolo ha già scontato la penalità relativa all’incidente con Rossi. Eppure c’è chi ha il potere di cambiare le cose

Continua la scia di polemiche relative all’infuocato Gran Premio di Argentina. Le conseguenze dell’incidente tra Valentino Rossi e Marc Marquez saranno senza dubbio a medio e lungo termine tra i due, almeno per quanto riguarda l’impossibilità di ricostruire un rapporto “civile”. Quello che invece è ancora un argomento di discussione fortissimo, riguarda le eventuali conseguenze sportive per Marc Marquez. Nelle sue dichiarazioni dopo il GP, Rossi ha spiegato molto bene quale sia il suo punto di vista, affermando con forza che: «La Direzione gara ha una grande responsabilità, deve intervenire per fermare Marquez. Io ho paura di correre in pista con lui».

Le argomentazioni di Rossi, per quanto dettate anche dall’ovvia rivalità tra i due, si poggiano su una condotta di gara di Marquez in Argentina che può tranquillamente essere definita folle. Dalla manovra in partenza ai tanti sorpassi azzardati, lo spagnolo ha corso decisamente sopra le righe e le singole penalizzazioni inflitte in gara non sembrano a nessuno un sufficiente ammonimento che lo induca a cambiare approccio. Quando in passato è stato chiesto a Marquez se il suo stile di guida non fosse forse troppo aggressivo, la risposta dello spagnolo è sempre stata di una semplicità disarmante: «Io corro così, è l’approccio con cui affronto le gare».

Di fatto, le parole di Mike Webb, Direttore di Gara della MotoGP, sembrano mettere una pietra tombale su qualsiasi speculazione: «Una volta che un incidente è stato punito con una sanzione ed è stata eseguita la stessa, non si possono imporre nuove sanzioni per lo stesso incidente». Il discorso ha una sua logica e il punto è chiaro: Marquez ha ricevuto una penalità di 30 secondi sul tempo totale per il sorpasso su Rossi, quindi non ci saranno altre sanzioni per quello. Però il punto centrale della questione è leggermente diverso.

Il comportamento di Marquez si è rivelato pericoloso in svariate situazioni durante il GP e non si tratta di una singola manovra eccessivamente aggressiva. Il reale argomento è l’approccio di Marquez alle gare e soprattutto il suo rapporto con gli altri piloti, che in questo momento, almeno per alcuni, risulta essere troppo teso. Lo spagnolo è un campione incredibile, che in Argentina avrebbe dominato senza problemi la gara. Ma tutto quello che è successo ha messo una pressione incredibile sulle spalle di Marquez, che ha reagito con una foga agonistica a tratti ingiustificata.

Quello che reclama Valentino Rossi è qualcosa in più di un semplice ammonimento, come prospettato da Carmelo Ezpeleta. Il punto è che i nervi adesso sono tesissimi, e tutti si aspettano che qualche penalizzazione sia inferta allo spagnolo in vista di Austin. Nel paddock di Termas c’è chi invocava la squalifica per una o addirittura due gare, ma sembra forse un eccesso. Farlo partire dal fondo della griglia, come fatto con Rossi a Valencia nel 2015, potrebbe creare paradossalmente ulteriori situazioni di pericolo.

La verità è che la FIM potrà prendere tutte le decisioni che vuole, potrà penalizzare o meno Marquez. Ma è solo il pilota che dovrà decidere se cambiare o meno il proprio stile e soprattutto il proprio approccio alle gare. La MotoGP ha bisogno del talento di Marquez, ma assolutamente non ha bisogno della sua eccessiva foga e delle conseguenze che questa foga si porta dietro. Quando Rossi dice che la Direzione gara ha una grossa responsabilità, di certo non sbaglia. Ma siamo certo che siano proprio loro a poter risolvere la questione?

Col suo comportamento, Marquez getta anche un’ombra sull’immagine della MotoGP e della stessa Honda, che in questo momento recita suo malgrado la parte del “cattivo”. Forse è proprio dai piani alti di Tokyo che potrebbe arrivare un richiamo forte e fermo. Una volta in Honda si diceva che era più importante che vincesse la moto, mentre il pilota doveva sempre essere messo in secondo piano. Prima Rossi, poi Stoner e infine Marquez hanno sovvertito questi valori all’interno di HRC. Magari è il momento di rifare la voce grossa e far capire che quando sei il pilota di punta della più importante Casa motociclistica al mondo, hai un peso sulle spalle ed un carico di responsabilità che va oltre il gesto di alzare la manina in segno di scuse dopo aver steso l’ennesimo pilota.

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