I problemi di indossare un assegno invece di un casco - Motori News 24
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MotoGP

I problemi di indossare un assegno invece di un casco

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Il tormentone legato ai problemi di Jorge Lorenzo e del suo casco appannato a Silverstone non accennano a diminuire. Quante volte è successo in passato che un pilota dovesse trovare soluzioni ad un problema sigillato da un bell’assegno ad inizio anno? Ecco alcuni episodi celebri

Nella domenica di Silverstone resa trionfale per il tricolore da Rossi, Petrucci e Dovizioso, il primo degli esclusi dal podio ha perso molto di più dei semplici tre punti in più che avrebbe ottenuto arpionando il terzo gradino del podio. Jorge Lorenzo si è portato a casa la medaglia di legno, la prima per gli esclusi dal podio olimpico e ha dato ampia responsabilità per questa performance sottotono ai problemi di appannamento accusati dal proprio casco.

Al suo rientro ai box, Jorge ha indicato ai propri tecnici la visiera visibilmente appannata mostrando grandissimo disappunto per questo secondo episodio negativo legato al fornitore di caschi. Il primo problema con il suo casco Lorenzo l’aveva accusato già nel primo Gran Premio, con l’imbottitura interna che si è pericolosamente staccata scivolando in avanti fino quasi a coprire la visuale al pilota spagnolo. In quel momento il maiorchino era in testa al primo Gran Premio stagionale in Qatar ed è stato costretto a lasciare strada ai tre italiani che anche in quella circostanza hanno monopolizzato il podio. In quel caso a trionfare fu sempre Rossi, seguito però da Dovizioso e Iannone che portavano al debutto in gara la GP15.

Dopo varie ipotesi sul motivo di questo problema, la vera causa è stata individuata nell’inesperienza dell’addetto tecnico mandato dall’azienda fornitrice del casco. Già dal round successivo a Lorenzo è stato infatti assegnato un altro tecnico che aveva già esperienza ultradecennale sui campi di gara ed in passato era stato responsabile anche dell’abbigliamento tecnico di Ben Spies, che condivideva con lo spagnolo il marchio del casco appunto.

Quando si corre ai massimi livelli girano tantissimi soldi attorno ai rider professionisti. Qualsiasi azienda che si occupa di produzione nell’ambito di abbigliamento motociclistico vorrebbe associare la propria immagine a quella di un pilota affermato, che garantisca visibilità e una buona dose di pubblicità al marchio. La stessa cosa avviene in tutti gli sport, con le grandi aziende che cercano di assicurarsi i diritti di immagine di fenomeni come Messi e Federer a colpi di milioni di euro. Sicuramente per la pulce cambierebbe ben poco il dover indossare una divisa marcata pinco piuttosto che pallino.

Ma anche Messi si opporrebbe all’idea di essere costretto ad indossare un paio di scarpe con cui non trova feeling e che non garantisce il perfetto tocco al pallone, mortificando anche se solo in minima percentuale l’immensità del suo talento. Anche nel tennis questo problema esiste ed è stato abilmente risolto da più di un atleta. André Agassi non aveva propriamente un carattere dolce e pur essendo più che sensibile al profumo dei dollari, non ha mai accettato di utilizzare una racchetta diversa da quella con cui aveva costruito parte del suo mito. Oggi i tennisti sono più furbi e si limitano ad incassare assegni firmati dal presidente di un’azienda, salvo poi giocare utilizzando le racchette di un’altra azienda concorrente debitamente verniciate ad arte per dissimulare lo scambio.

Questa tecnica è stata utilizzata negli anni anche da alcuni piloti nel motomondiale. I più celebri sono probabilmente due e sono legati a riders italiani. Il primo riguarda un certo Max Biaggi, che nel 1999 correva indossando un casco Bieffe. Riscontrato di avere alcuni problemi di appannamento durante delle prove sul bagnato, il buon Max si fiondò in un negozio attiguo al circuito per acquistare un casco di una nota casa nipponica, rigorosamente bianco, su cui applicò a stento l’adesivo del Main Sponsor prima della gara. Erano anni molto più genuini, e non ci risulta che Biaggi abbia mai pagato con chissà quali penali contrattuali questo tradimento temporaneo. Alla base della decisione del romano, c’era un’esigenza legata alla sicurezza e siamo certi che la situazione fu totalmente compresa dal fornitore ufficiale.

Un altro episodio, che non si limitò al singolo tradimento di una gara, vede come protagonista un Manuel Poggiali giovanissimo e fresco Campione del Mondo della 125 nel 2001. Nell’anno successivo il giovane Manuel fu messo sotto contratto da un arrembante imprenditore che aveva deciso di far risorgere il celebre marchio Nava. Dopo i primi test e le prime gare, Manuel segnalò più volte che il casco non era all’altezza, muovendosi troppo sotto effetto delle turbolenze e risultando inadeguato per essere utilizzato in gare mondiali. Ricordiamo che Poggiali guidava una 125 e non una 500 da GP. Di fronte alle sue proteste fu trovata una soluzione che accontentasse tutti e nelle gare successive Manuel utilizzò un casco di un’azienda concorrente aerografato con la sua bellissima grafica giallo fluo e decorato anche con il marchio Nava. Poggiali andò avanti così varie gare, portando avanti un inganno che però tanti motociclisti molto attenti svelarono presto, riconoscendo sotto quella bellissima grafica le forme di un casco ben diverso da quelli prodotti dalla Nava.

Jorge Lorenzo sembra essere stufo di perdere punti per strada a causa di un contratto che lo lega ad un fornitore piuttosto che ad un altro. Evidentemente sta valutando che l’aver abbandonato un’azienda italiana e affidabilissima in virtù di un assegno ben più cospicuo ma di origini coreane, non sia stato un grande affare. Saranno anche solo coincidenze, ma è pur vero che senza i due episodi di cui abbiamo parlato probabilmente i punti di distacco tra Lorenzo e Rossi sarebbero meno di 12, con anche una remota possibilità che a questo punto della stagione in testa ci fosse lo spagnolo al posto dell’italiano.

E’ tutto da dimostrare che con un altro casco Lorenzo non avrebbe avuto questi problemi, perché siamo nell’ambito delle coincidenze e certe cose possono capitare anche se indossi il miglior casco della migliore azienda al mondo. Utilizzare uno stratagemma simile a quello utilizzato da Poggiali 13 anni fa è totalmente fuori discussione e sarebbe un volano di pubblicità talmente negativo per l’attuale fornitore di Jorge che sarebbe infinitamente meglio rinunciare alla penale liberatoria, in questo caso particolarmente salata secondo gli addetti ai lavori. Nei prossimi giorni avremo delle novità, certi che alla fine prevalga il buon senso tra le parti. Vale anche la pena sottolineare che Lorenzo utilizza questo casco dal 2013 e finora non è mai saltato fuori alcun problema nel suo rapporto con il fornitore. Di gare bagnate negli ultimi tre anni Jorge ne ha corse già più di una, quindi l’episodio di appannamento di Silverstone potrebbe essere dovuto a diverse motivazioni, non direttamente imputabili al fornitore. Lo stesso si può dire del GP del Qatar, perché è stato ampiamente riconosciuto un errore umano e non un problema endemico al casco. Tutti possono sbagliare e la storia del motorsport è costellata di episodi legati all’errore umano che hanno anche compromesso grandi traguardi per i singoli piloti. Chiedete a Mansell o a Massa.

Dovendo ricordare un pilota che ha scelto sempre senza pensare ai soldi, ricordiamo un bellissimo episodio risalente agli anni 90’ che vide protagonista il grande Luca Cadalora. Il pilota modenese ha sempre legato la propria immagine a quella di una famosa azienda giapponese, nota ai motociclisti appassionati di tutto il mondo. Quando Cadalora era al top e stava vivendo il suo periodo di fama maggiore, fu avvicinato da un’azienda concorrente che propose un ingaggio doppio rispetto a quello che all’epoca il rider incassava. Luca andò dal suo fornitore storico con l’assegno in mano e lo strappò davanti agli occhi increduli dell’importatore italiano. Motivazione degna dei migliori annali della storia dello sport: “Sarò anche scemo, ma la mia testolina vale più di qualsiasi assegno. Resto con voi a vita.”

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