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SBK, il regolamento 2018 è studiato per fermare Kawasaki e Ducati

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Si è parlato in lungo e largo del nuovo regolamento SBK, teso a livellare le prestazioni delle moto in pista. Gregorio Lavilla ha spiegato come si intende lavorare

In una SBK che vede solo i quattro piloti ufficiali di Kawasaki e Ducati in grado di vincere almeno una manche nel campionato 2017 è chiaro che qualcosa deve essere fatto. Uno scenario troppo lontano da quello che si poteva osservare negli anni d’oro di questo campionato, anni in cui un pilota privato, gestito in maniera eccellente, poteva prendersi il lusso di battere fior di ufficiali in sella alle proprie moto. Anche Carl Fogarty era in grado di dominare in sella alla Ducati 916, ma non era assolutamente difficile trovare una wild card in Giappone, magari a Sugo, in grado di fare doppietta nella propria gara di casa. Una situazione del genere sarebbe più vicina alla fantascienza che alla cronaca di un round del mondiale SBK 2017. Un mondiale in cui c’è il marziano Jonathan Rea che ha letteralmente ucciso il campionato, in sella alla moto migliore del gruppo. Alle sue spalle il vuoto, con i soli Sykes, Davies e Melandri in grado di vincere alcune singole manche, senza però mai entrare realmente nella lotta per il titolo.

Gregorio Lavilla è il responsabile Dorna della SBK ed è ricaduta sulle sue spalle l’improbo compito di trovare una soluzione a questa situazione. Allo stato attuale, la Ninja ZX-10r e la Ducati Panigale, sono di un altro pianeta rispetto alle rivali. La Yamaha sta lavorando ed ha una coppia di pioti di assoluto talento, ma la R1 è salita solo sul podio e non è mai stata in lotta per gli obiettivi che sembravano assolutamente alla portata del progetto all’inizio del 2016. La Honda sta passando un periodo nero in SBK, e solo nelle ultime tappe la CBR è emersa dalle retrovie grazie anche al feeling tra Giugliano e la moto giapponese, orfana purtroppo di Nicky Hayden. Aprilia ha stretto una partnership con SMR Milwaukee, ma sembrano lontani i tempi in cui la RSV4 di Biaggi sembrava un missile imprendibile per chiunque ed anche la moto di Noale necessita di un grosso step in avanti per tornare competitiva. BMW è un capitolo a parte, tanto da far ipotizzare a Genesio Bevilacqua di ritirarsi a fine stagione senza un cambiamento importante del regolamento. MV Agusta può contare su un grande pilota come Leon Camier e gode anche di un ottimo momento di forma, ma non è credibile in questo momento come contender per vittorie e titolo.

Cosa si può dunque fare per far crescere i rivali ed avvicinarli a Ducati e Kawasaki? Gregorio Lavilla ha forse trovato l’uovo di colombo assieme agli ingegneri che sono stati al lavoro per trovare soluzioni a queste problematiche. L’idea è che in questo momento sia più facile rallentare chi è troppo veloce piuttosto che aiutare che è troppo lento. L’ipotesi ventilata da Lavilla a Carlo Baldi in una lunga intervista pubblicata su Moto.it, svela che l’idea di Dorna consiste in questo: mettere un tetto massimo alla differenza giri motore tra moto che corre in SBK e moto in versione stock e penalizzare chi dovesse vincere “troppo” tagliando la potenza attraverso una centralina fornita dall’organizzatore. C’è chi ha gridato immediatamente allo scandalo, insistendo sul fatto che chi oggi ha un vantaggio, lo ha costruito attraverso investimenti milionari e sviluppo senza sosta. Questa soluzione darebbe un vantaggio immediato a chi questi investimenti non li ha fatti, ma ci sono diverse considerazioni da tenere ben presenti.

LE VERDONE CORRONO SOLO IN SBK – Da quando la Kawasaki si è ritirata dalla MotoGP, ha investito tantissimo solo sulla SBK, facendo crescere la Ninja fino a diventare riferimento assoluto della categoria. Ad Akashi hanno compreso che in SBK c’era terreno fertile per raccogliere le soddisfazioni che sono mancate in MotoGP, ed hanno schierato la migliore squadra, il miglior pilota investito moltissimo sulla moto. Questa decisione tradisce lo spirito della SBK, che in teoria, dovrebbe essere una categoria in cui non si dovrebbero investire cifre folli per essere competitivi. Invece in Kawasaki hanno fatto esattamente questo, spendendo per le derivate di serie un budget forse paragonabile a quello speso in MotoGP. Di fatto l’unico Costruttore che è stato “costretto” a seguire la Kawasaki su questa strada è stata la Ducati, che ha sempre fatto della competitività delle proprie moto in SBK una vera bandiera. A Borgo Panigale hanno dovuto seguire questa strada tracciata dalla rivale per evitare di incorrere nella rabbia dei Ducatisti più puri, che sono da sempre legati maggiormente alla SBK piuttosto che alla MotoGP, come ha anche sottolineato lo stesso Domenicali. Vedere una Ducati poco competitiva in SBK, sarebbe stato semplicemente inaccettabile.

NESSUNA NUOVA MOTO PUO’ COMPETERE – Altro argomento che ha convinto Dorna a cambiare le carte in tavola, è il fatto che nessun nuovo Costruttore sarebbe in grado oggi di entrare ed essere competitivo da subito in SBK. Pensiamo alla Suzuki, che ha presentato nel 2016 la sua ultima GSX-R 1000. Sembrava la moto perfetta per riportare il Marchio di Hamamatsu al top in SBK, invece in Suzuki hanno compreso che non ci sarebbero state le condizioni per essere competitivi ed hanno preferito aspettare. La vittoria di Guintoli nel BSB ad Assen, ha dimostrato che la strada scelta forse è stata giusta. Ma senza un cambiamento di regolamento, in Suzuki non sono disponibili ad investire milioni per correre nel mondiale e rimediare pessime figure con una moto su cui puntano tantissimo per il mercato e l’immagine del brand.

Gregorio Lavilla ha dichiarato che dopo due bozze che sono state apprezzate ma scartate dai vari Costruttori, adesso è pronta una versione 3.0 del regolamento, che dovrebbe essere quella definitiva e pronta ad essere ufficializzata nel round di Jerez. Non è la prima volta che l’organizzatore interviene per livellare le prestazioni tra le moto, e lo sa bene chi ricorda gli “Air Restrictor” imposti alle prime 1000 quattro cilindri introdotte nel 2003 in SBK per andare incontro alle esigenze del mercato che stavano cambiando. All’epoca sarebbe stato improbo per Ducati restare competitiva con la 1000 bicilindrica contro mostri come la CBR 1000 o la R1, e questa soluzione sembrò perfetta per livellare le prestazioni delle moto. Adesso si sta vivendo una situazione simile, ed alle porte c’è anche il debutto della nuova Ducati Panigale V4, che sarà sviluppata per tutto il 2018 per poi debuttare in gara nel 2019. Con un motore così vicino a quello della Desmosedici, è facile ipotizzare che questa moto possa rappresentare un ulteriore step per le prestazioni di una SBK. Lo sanno perfettamente anche i rivali, ed accettare un regolamento del genere potrebbe essere il modo per arginare in modo anticipato un problema che probabilmente si presenterà nel 2019.

Tutti discorsi interessanti, tutti discorsi validi. Ma, come ha detto lo stesso Lavilla: «Finchè ci sarà un pilota come Rea in pista, in grado di dare tre secondi a chiunque sul bagnato, appare chiaro che sarà difficile batterlo». Come dire che per quanto Dorna si possa impegnare, il talento pazzesco del britannico tre volte campione del mondo riuscirà in ogni caso ad emergere.

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