MotoGP

MotoGP, perché i piloti spagnoli sono così numerosi nel Motomondiale?

Perché ci sono tanti piloti spagnoli e quali sono i segreti che permettono loro di vincere più di altri? Scopriamo la Spagna, il Paese che ha tolto all’Italia il dominio nel Motomondiale

Marc Marquez, Maverick Vinales, Jorge Lorenzo e Dani Pedrosa. Ma anche Pol EspargaróEsteve Rabat, Alex Marquez, Alex Rins, Joan Mir e Arón Canet. Sono solo alcuni dei tantissimi piloti spagnoli saliti alla ribalta negli ultimi anni fino ad oggi sia in MotoGP che nelle altre due categorie del Motomondiale. Molti di loro sono stati addirittura Campioni del Mondo, anche per più di una volta, contribuendo all’impressionante dato di 21 titoli Mondiali totali conquistati da questo Paese nelle ultime diciassette edizioni del campionato. Dal 2000 infatti, il movimento motoristico iberico è progressivamente diventato il più importante in assoluto, scoprendo, facendo crescere e lanciando numerosissimi talenti, fino a scalzare il nostro precedente dominio in questo sport. Ma qual è il segreto di questo successo? Com’è possibile che dalla Spagna siano provenuti la bellezza di 11 iridati diversi nell’arco di tredici anni (di cui ben tre con ‘triplete’ degli spagnoli in tutte le categorie)? E’ solo fortuna di avere fenomeni come “madre natura” li ha fatti o c’è da trovare un preciso e logico motivo? Certo che c’è, nulla è stato lasciato al caso.

Perché tanti spagnoli in MotoGP: il boom del motociclismo in Spagna tra fine anni Novanta e inizio anni Duemila

Fino agli anni Novanta, la Spagna ha potuto contare su pochi motociclisti di grande livello e capaci di infiammare le folle, Angel Nieto su tutti dall’alto dei suoi 13 titoli iridati. Il momento della svolta spagnola è da far risalire a quando nel 1999 Alex Crivillé ed Emilio Alzamora si laurearono contemporaneamente campioni della 500 e della 125, scatenando finalmente negli iberici il classico “effetto valanga” che noi italiani abbiamo conosciuto con Valentino Rossi: grazie alle gesta in pista dei due famosi piloti, crebbe il seguito delle gare del Motomondiale e di lì a poco si ebbe anche un incremento delle vendite di moto. Dall’appassionarsi ad uno sport al decidere di praticarlo, si sa che il passo è spesso breve, ed ecco che nei primi anni del nuovo millennio molti amatori iniziarono a girare nei circuiti del Paese. Con l’aumento del numero di persone che tentavano la via dell’agonismo, si alzò di conseguenza anche il livello dei vari campionati e della competizione tra dilettanti, accrescendo i meriti e il valore di coloro vincono e proponendosi come le migliori vetrine per offrire talenti da Mondiale.

Perché tanti spagnoli in MotoGP: la crescita di tutto il movimento motoristico nel Paese spagnolo a livello capillare

Chiaramente non è bastato questo fenomeno, come ricordato sopra avvenuto appunto anche da noi in Italia, per rendere la Spagna la nuova “terra dei motori” in cui devono obbligatoriamente transitare quelli che vogliono diventare dei motociclisti professionisti: a differenza nostra, dove tutto è rimasto circoscritto ad alcune regioni e senza adeguate regolamentazioni, gli spagnoli hanno istituito delle scuole, le “cantere”, per insegnare ai bambini ad andare sulle minimoto o su moto di piccole cilindrate e per seguirli nel loro percorso di atleti, hanno costruito piste aggiuntive ed in maniera capillare per incentivare alle gare, e creato una rete di campionati invidiabile per qualità e organizzazione (in cui spicca il Campionato Spagnolo di Velocità, cioè il torneo nazionale che annovera tra le sue fila i migliori pilotini anche di altri Paesi, al quale si approda subito prima del “salto” nel Mondiale). Basta osservare la scheda di presentazione di una delle tante scuole per ragazzini che sognano un domani di diventare Campioni della MotoGP, per rendersi conto del grado di impegno e professionalità che viene profuso già con i bambini dai 4 anni in su.

Perché tanti spagnoli in MotoGP: le cantere, le scuole per bambini dai 4 anni in su che vogliono diventare futuri Campioni del Mondo

Pagando una semplice quota di iscrizione, i genitori dei giovani talenti iberici possono affidarli alle mani esperte di manager, tecnici specializzati e meccanici, i quali offriranno consulenza per la futura carriera, insegneranno loro la cultura del lavoro, cioè le buone abitudini sportive e l’importanza degli allenamenti, il ‘coaching mentale’ per curare l’aspetto psicologico dell’approccio ai GP e perfino la meccanica delle motociclette. Tutto ciò, senza dimenticare l’importanza della buona continuazione della formazione scolastica dei diretti interessati (spesso trascurata coi piccoli piloti di casa nostra) e tenendo ben fermo il rigore della disciplina e il rispetto dei ruoli, questo anche per famigliari compresi poiché devono dare il giusto esempio e non influenzare negativamente la crescita dei figli con pressioni inadeguate. Ecco spiegato com’è nata la cultura del motociclista professionista “in miniatura” che domina oggi giorno la scena del panorama giovanile, e che tanti successi ha garantito alla Spagna. Da qui e con queste modalità vengono su i nuovi Campioni del Mondo del Motomondiale. Che l’Italia prenda appunti, perché la sola VR Academy di Valentino Rossi non sta bastando per ritornare a primeggiare in questo sport e non può essere l’unica speranza per il futuro. Una volta ce l’avevamo noi la terra dei motori, in Emilia- Romagna e dobbiamo tornare a renderla fertile dopo anni di aridità.

Luca Agnelli

Mi piace il giornalismo e studio Scienze della Comunicazione, ma sono timido: allora scrivo. Il mio cognome fa parte del mondo dei motori da prima che lo decidessi io. Da piccolo spegnevo la tv a mio papà che guardava le corse perché volevo giocasse con me. Poi ho iniziato a seguirle insieme a lui. Adesso guai a chi me le toglie.

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