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MotoGP, dietro al successo di Dovizioso: serenità, allenamento e famiglia

La filosofia di Dovizioso, l’uomo rivelazione della MotoGP 2017 che sta tentando l’impresa che non riuscì neanche a Rossi di vincere il Mondiale da pilota italiano con una moto italiana

«Un ragazzo normale che fa cose eccezionali», questa è la frase che Andrea Dovizioso non si stanca di ripetere nelle numerose interviste che lo stanno vedendo protagonista nell’ultimo periodo. Un momento magico per il pilota forlivese di trentuno anni, alla sua quindicesima stagione nel Motomondiale, la decima nella “classe regina”. Eppure la MotoGP sembra essersi accorta di lui solo adesso che è il leader del Campionato con ben quattro GP vinti (un terzo di quelli disputati) in sella alla sua Ducati, la moto con cui ora, dopo cinque lunghi e talvolta difficili anni di lavoro, Dovizioso vuole tentare l’impresa che non riuscì nemmeno al blasonato Valentino Rossi: vincere il Mondiale da pilota italiano su una moto italiana. Ma qual è la ricetta del successo dell’uomo rivelazione 2017 e aspirante candidato a Campione?

Il Dovi-pensiero: «Nessuno ha più talento di un altro, talentuosi si diventa. La pressione ti schiaccia se non fai i risultati e pensavo al ritiro. Il cross è passione, libertà, gioco»

Tanto per cominciare, «Nessuno nasce con più talento di un altro. Marc Marquez non è nato così, lo è diventato» è il pensiero “dovizioniano” alla Gazzetta dello Sport; perché in passato tante volte Dovizioso ha dovuto sopportare chi lo accusava di essere uno con poco talento, fino a meditare il ritiro dalle corse agonistiche quando solo qualche anno fa gli piovevano addosso queste critiche e la situazione professionale non era delle più rosee: «Se non fai certi risultati ti schiacciano, vieni giudicato male anche se magari fai quarto, quinto o sesto: ti senti come se fossi uno di metà classifica del CIV, non uno dei protagonisti della MotoGP». Di lì, la tentazione di mollare la “baracca” e dedicarsi solo più per diletto al motocross, lo sport con cui si allena quando non gareggia «perché è l’unica cosa che mi dà la stessa adrenalina di una MotoGP, in certi frangenti anche di più. Il motocross è libertà, terra, sporco, passione, voglia di giocare».

Il Dovi-pensiero: «Con mio papà andavo alle corse senza i soldi, mi ha forgiato. Prima mi arrabbiavo per i giudizi dati senza sapere, ora vedo la vita diversamente»

Il cross per ‘DesmoDovi’ è stato il primo amore, la disciplina con cui si è avvicinato alle due ruote grazie al papà: «Il mio babbo era pazzo, appassionato, mi portava a girare, ma non avevamo mezzi: partivamo senza avere i soldi per tornare indietro. Non è una battuta: mangiavo nei camper degli altri piloti, perché se aspettavo il mio babbo…Lui non pranzava, figurarsi se lo dovevo fare io» ricorda sorridendo. La serenità che oggi lo contraddistingue è l’arma che tutti gli avversari gli riconoscono e che vorrebbero scalfirgli, ma che Dovizioso ha saputo affinare proprio nei momenti di maggiore difficoltà, migliorandosi come persona prima che come pilota: «In passato mi arrabbiavo un bel po’ quando mi sentivo dire che ero un pilota con poco talento, ma non solo quello per la verità mi faceva arrabbiare. Fino a poco tempo fa, vedevo la vita in un modo completamente diverso: mi dava fastidio che venissero dati dei giudizi, senza conoscere la situazione nei dettagli. Poi ho incontrato persone che mi hanno fatto capire meglio a cosa dare importanza: adesso non mi arrabbio più per certe cose».

Il Dovi-pensiero: «Il rispetto per le persone è importante. Coi figli bisogna educare senza intromettersi, perché ogni persona è padrone del proprio destino»

Le persone del ‘Dovi’ sono, oltre al già citato papà Antonio che l’ha forgiato come uomo, la mamma Anna con cui condivide la casa, la fidanzata Alessandra e la piccola figlia Sara di otto anni a cui dedica sempre ogni risultato, e non solo le recenti vittorie. Anche nel ruolo di papà, il numero 4 è sempre analitico e razionale: «L’educazione è importante, ma credo che un po’ tutti sbagliamo: si cerca di dare un’impostazione che non dovrebbe essere data. Su certe cose l’educazione è importante, come il rispetto per le persone: è giusto inculcarlo ai figli, non sopporto che Sara non sia rispettosa. I genitori, però, credono di essere quelli che li indirizzano per il futuro, ma è totalmente sbagliato: è difficilissimo trovare il compromesso giusto tra educarli, senza però intromettersi troppo nella loro vita». «Ogni persona è padrona del proprio destino, ma non conosciamo la fine del nostro cammino» come recita il tatuaggio che si è fatto incidere sul polpaccio Dovizioso dopo la tragica morte di Marco Simoncelli. Lui, finalmente, è riuscito a dare la svolta decisiva alla sua carriera: quale sarà il finale di questo fin qui meraviglioso 2017, lo si vedrà soltanto a Valencia.

Luca Agnelli

Mi piace il giornalismo e studio Scienze della Comunicazione, ma sono timido: allora scrivo. Il mio cognome fa parte del mondo dei motori da prima che lo decidessi io. Da piccolo spegnevo la tv a mio papà che guardava le corse perché volevo giocasse con me. Poi ho iniziato a seguirle insieme a lui. Adesso guai a chi me le toglie.

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