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MotoGP, Crutchlow al veleno sul doping: «C’è chi prende scorciatoie»

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Il britannico Cal Cruthclow ha lanciato un’altra delle proprie bombe personali, suggerendo che il sistema antidoping applicato in MotoGP non è valido e in linea con i tempi. Pochi i controlli e male organizzati

Cal Crutchlownon è rinomato per la sua indole particolarmente tranquilla e pacifica. Il britannico è uno che decisamente non ha peli sulla lingua e quando vede qualcosa che non funziona come dovrebbe nel mondo della MotoGP, non perde occasione di sottolinearlo. Nel particolare, il britannico ha speso parole di fuoco riguardo l’attuale sistema antidoping applicato alla MotoGP e l’ha fatto pochi giorni prima del GP del Qatar che ha aperto la stagione 2018. Secondo quanto riportato dal sito Crash.net, Crutchlow ha bocciato su tutta la linea il sistema: «Penso che il sistema di test sia terribile. Penso che il modo in cui questo sistema è applicato a questo campionato non è assolutamente corretto. Non sto dicendo nulla di nuovo rispetto a quanto ripeto da almeno quattro anni. Se pensi che non ci siano persone che non cerchino di tagliare le curve, nel più grande sport motociclistico al mondo, sei uno stupido. Perché ci sono persone che tagliano le curve».

In queste frasi, Crutchlow riporta testualmente la frase “cutting corners”. Questo è un modo di dire piuttosto comune in inglese che sostanzialmente significa barare. L’accusa è abbastanza chiara e Crutchlow ritiene che una grossa responsabilità di questa situazione sia di chi ha definito questo sistema di controllo: «Il sistema di controllo è una merda. Come puoi selezionare dei piloti a caso e fargli compiere dei test a campione? Alla fine questi piloti saranno testati più degli altri. Io stesso ho fatto parte del campione di controllo e sono stato testato una sola volta in 365 giorni. E poi l’anno successivo non sono stato testato, ed anche quello dopo. Jack (Miller) è stato sottoposto a test due volte in tre anni».

Secondo quanto dichiarato dal britannico, attualmente i piloti devono loggarsi in un sistema informatico online per dichiarare ogni proprio spostamento ed essere dunque costantemente reperibili da chi fisicamente deve compiere i test, e ritiene che non ci siano scuse per i piloti che non aggiornano questo sistema permettendo di essere costantemente reperibili: «Penso che chiunque debba sottoporsi ai test, ognuno dovrebbe loggarsi ed aggiornare sulla propria reperibilità nel sistema ADAMS. E sapete qual è il problema? E’ che sono tutti dei pigri bastardi e non vogliono la scocciatura di loggarsi. In realtà basterebbe loggarsi una volta al mese e dichiarare dove ci si troverà ogni giorno. Dopo, se per caso fai qualche cambiamento al tuo itinerario, basta loggarti di nuovo e modificarlo. E per favore, non ditemi che non hanno assistenti, manager o medici che possono farlo… loro non vogliono farlo, perché sono solo pigri. Ma se affermano di non volerlo fare, come faccio a sapere che nessuno bara?». Questo sistema è stato ovviamente creato proprio per il tipo di vita che fanno questi atleti, costantemente in giro per il mondo per impegni sportivi o anche di natura promozionale. Essere costantemente reperibili per effettuare controlli è una prassi del tutto normale per tutti gli atleti che competono in campionati sportivi di alto livello.

Ci sono stati vari incontri con la FIM riguardo questo tema tra i piloti e le posizioni dei singoli sembrano piuttosto divergenti: «Un certo numero di piloti vogliono maggiori test. Altri invece hanno tenuto la bocca totalmente chiusa perché non vogliono né test né la scocciatura di loggarsi e rendersi reperibili. Ma alcuni di questi ragazzi guadagnano in totale anche 40 milioni all’anno, altri 20. Come è possibile che non trovi il modo per risolvere il problema se sei un atleta professionista? Basterebbe avere un assistente che lo faccia per te. Alcuni di questi ragazzi hanno sette assistenti! Davvero non riesco a capire se sono puliti, perché non mettono le palle sul tavolo e gridano: “eccomi, potete controllarmi ogni volta che volete”».

Crutchlow vuole anche spiegare bene che secondo il suo parere non ci sono sostanze particolarmente forti a poter aiutare le performance in sella, ma ci sono alcuni aspetti medici in cui certi aiuti sarebbero importanti: «Non dico che una droga pesante aiuterebbe. La MotoGP non è uno sport che premia particolarmente la superperformance atletica. C’è un tipo che corre qui che quando esce fuma e beve, ma riesce lo stesso ad essere competitivo perché ha un talento naturale per correre in moto. Ma stiamo parlando di reidratazione, contenimento del peso. Qui non sono ammesse scorciatoie e so per certo che qui c’è chi ne fa uso. C’è chi prende diuretici perché non vuole passare ore ad allenarsi come fa qualcun altro».

Per sottolineare quanto questo sistema non funzioni, Crutchlow paragona la MotoGP ad altre discipline sportive in cui i test antidoping sono molto serrati: «Come è possibile che girano tanti soldi in questo Paddock e questa cosa non si risolve? Il nostro campionato è come la Premier League. Tutti i ciclisti sono nel programma ADAMS e sono sottoposti a test continuamente. Tutti gli atleti olimpici sono sottoposti a test. Perché noi siamo sottoposti a test casuali qui e lì un paio di gare all’anno? Spero che questo sistema cambi e penso che si stia cercando di fare qualcosa al riguardo. Adesso ci stanno ascoltando, che è la cosa più importante».

Queste parole di Cal Crutchlow pesano come un macigno sulla credibilità dello sport MotoGP. Il rider britannico è noto per essere uno che percorre migliaia di chilometri in bici, allenandosi con atleti professionisti quotidianamente. La speranza è che una maggior presenza di controlli serrati non sveli retroscena di cui onestamente il nostro sport non ha affatto bisogno.

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