MotoGP

MotoGP, Sepang è la vera kryptonite di Marc Marquez

Lo spagnolo ha vinto in Malesia solo due volte in carriera e solo una in MotoGP mentre il Dovi qui fu primo nel 2016. Sullo sfondo della lotta mondiale anche lo spettro dei giochi di squadra

La strada per il titolo mondiale sembra in questo momento una comoda passeggiata per Marc Marquez, al quale basteranno due settimi posti nelle ultime due gare per essere certo di portarsi a casa il suo 4° titolo di MotoGP, il 6° campionato del mondo in carriera considerando tutte le categorie, cancellando così le speranze della Ducati e del suo ‘cavaliere’ Andrea Dovizioso. Tra lo spagnolo e l’iride c’è però ancora un ultimo ostacolo, che potrebbe portarlo ad inciampare proprio sul più bello: è il tracciato di Sepang. Il numero 93 della Honda in carriera ha vinto e trionfato praticamente su tutti i circuiti del Motomondiale, ma se ce n’è uno sul quale storicamente fatica ad esprimersi al meglio è proprio quello malese di Kuala Lumpur. Per carità, un successo qui alla guida della MotoGP è arrivato, nel 2014, l’anno magico di Marc, quello delle 10 vittorie nelle prime 10 gare e dei 13 successi in stagione; in generale però i ricordi del fenomeno di Cervera su questa pista non sono cosi splendenti. Lo scorso anno si presentò al via con la corona di campione già ampiamente conquistata da un paio di settimane e al traguardo fu solo 11°, nella gara che sancì la rinascita proprio di Dovizioso, primo sotto la bandiera a scacchi dopo anni di vacche magre. Il 2015 poi fu l’anno dello scandalo, dell’episodio più controverso dell’ultimo decennio di motociclismo: l’indimenticabile duello a suon di sorpassi e sportellate con Rossi, terminato con il ‘calcetto’ di Valentino e la caduta di Marc, con aggiunta di velenosissima coda di polemiche nel post gara. Altro bruttissimo precedente per lo spagnolo è quello del 2011, quando ancora correva in Moto2 e cadde nelle prove libere a causa di una pozza d’acqua: un tremenda botta alla testa gli annebbiò la vista per giorni, costringendolo a non prendere parte alla gara e lasciando di fatto campo libero a Stefan Bradl per la conquista di quel campionato.

Dovizioso insomma avrà il vantaggio di correre in una pista che per tanti motivi, non ultimo il meteo, non è congeniale allo stile spavaldo e aggressivo del suo rivale; per tenere viva la fiammella del sogno iridato, o quantomeno per rimandare la resa a Valencia non basterà però nemmeno vincere, servirà che il maggior numero possibile di piloti si frapponga tra lui e Marquez. In quest’ottica ritorna l’annosa questione dei giochi di squadra: Redding ha detto che a Phillip Island ha avuto l’ordine di far passare Dovizioso ma non l’ha rispettato, Lorenzo si è sempre detto pronto ad aiutare il team, ma accetterebbe magari di rinunciare ad una vittoria per la ragion di Stato? Intanto lo stesso Marquez in conferenza stampa ha detto che la Ducati già in Australia aveva parlato di team order, mentre la sua Honda no. Visto il rendimento dell’ultimo periodo (Phillip Island esclusa) di certo è più facile immaginare Lorenzo e Petrucci impegnati a mettere in difficoltà Marquez, piuttosto che vedere Dani Pedrosa davanti a Dovizioso. Il numero 04 però potrebbe anche godere dell’aiuto indiretto delle Yamaha, tornate competitive e vogliose di piazzare nuovamente entrambi i piloti sul podio. Tutti questi ragionamenti però saranno validi per Dovizioso solo se sarà in grado di bissare i 25 punti ottenuti a Sepang nel 2016. Sperando magari che il Superman Marquez confermi di avere nella pista malese la sua kryptonite in grado di annullarne i poteri.

Matteo Senatore

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