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Ralph De Palma, the Gentleman Champion

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Carnera, Pietri, Mennea: quando un po’ di gloria per Ralph De Palma? La storia del leggendario campione automobilistico di Biccari dimenticato

La storia degli sport, singoli e di squadra, dagli albori ad oggi, è lastricata di nomi, gesta, record che lasciano davvero col fiato sospeso. Ricordarli tutti sarebbe impossibile, anche se qualche scheda biografica, talvolta, si evidenzia per eccezionalità di numeri e vicende.

A me capitò nel 2004 di imbattermi del tutto casualmente (stavo lavorando a un “Dizionario Biografico” su 600 personalità di rilievo nazionale e internazionale nate in provincia di Foggia, poi pubblicato nel 2009) su un personaggio straordinario. Il suo nome, Ralph, lasciava chiaramente intendere una origine americana. Diversamente dal cognome, De Palma, che per quanto diffuso anche nei Paesi di lingua ispanica, avevo facilmente immaginato potesse essere figlio di genitori italiani.

Questo Ralph De Palma, che scoprii essere un grandissimo campione automobilistico, veniva comunque abbinato alla bandiera statunitense. Quando però, su un motore di ricerca posi, dopo il suo nome, il fatidico “born in”, la risposta mi lasciò di stucco: era nato a Troia, in provincia di Foggia! Cominciai da subito ad appassionarmi a questo personaggio e quando venni a capo dei suoi strabilianti record e ad alcune delle sue gesta più eclatanti, non ebbi dubbi e misi da parte il “Dizionario Biografico”, per dedicarmi alla sua storia.

La prima tappa fu quella di cercare, su giornali, libri e internet, materiali che mi rendessero più agevole una ricerca a tutto tondo. Tranne un articolo sul sito di “Repubblica” e pochissimi altri cenni limitati a poche parole, null’altro risultava in lingua italiana. Morale? In Italia era praticamente sconosciuto, finanche ai giornalisti sportivi! Passai ad approfondire il vissuto familiare. Se era nato nella vicinissima Troia (il paese che diede i natali anche all’allora Presidente del Consiglio Antonio Salandra, quello che nel ’15 dichiarò guerra all’Austria), pensai avrei trovato di tutto e di più. Niente di più errato. De Palma non era nato a Troia! Mi venne così il dubbio che non fosse nato in Italia e nemmeno da genitori italiani.

Ma che così non fosse lo scoprii più tardi, quando immaginai che poteva essere nato in qualche paese vicino. Troia, infatti, era solo il luogo di nascita dei suoi genitori e dopo non pochi giri per archivi, scoprii che era nato a Biccari, patria dell’ex grande Governatore della Banca d’Italia, Donato Menichella. Su internet, tra l’altro, circolano ancora “born in Troia” e una girandola di sue date di nascita sconclusionate. Riuscii, in circa due anni, a completare la mia ricerca su Ralph De Palma e a pubblicarla con un piccolo editore foggiano, mio amico. Chiesi ed ottenni agevolmente la prefazione del bravissimo Andrea de Adamich (ex pilota di Formula 1 e commentatore televisivo) e di Geppe Inserra, ottimo giornalista foggiano. A tutt’oggi quel mio libro “Ralph De Palma. Storia dell’uomo più veloce del mondo che veniva da Foggia”, è l’unico pubblicato in Italia. In America, invece, il nostro campione è ancora un mito, un vero eroe dello sport, e qualche mese prima che uscisse il mio testo, negli States fu pubblicato uno straordinario volume, “Ralph De Palma. Gentleman Champion”, a cura dello storico dell’auto Gary Doyle, dal quale feci anche in tempo a trarre qualche ulteriore, utile informazione.

Già, ma chi fu Ralph De Palma (1882-1956)? Faccio parlare prima le cifre, così da togliervi dall’imbarazzo. De Palma appartiene alla prima era dell’automobilismo agonistico: corse da professionista dal 1908 al 1934 ma se consideriamo che in precedenza fu anche un campione ciclistico e poi motociclistico, la sua carriera va misurata nell’arco di ben 36 anni. In questo lungo periodo partecipò complessivamente a 2.889 gare e ne vinse ben 2.557, con una media che probabilmente non ha eguali nella storia degli sport: l’88,5% di vittorie!

Ralph De Palma ha legato il suo nome alla Mercedes, con la quale vinse le più importanti gare, tra cui la mitica “Vanderbilt Cup” (due volte, 1912 e 1914) e la storica, ricca e massacrante “500 Miglia di Indianapolis”, nel 1915. E le vinse da italiano, perché la naturalizzazione l’avrebbe conseguita solo cinque anni dopo. E prima di quella data vinse due titoli mondiali, quindi sempre da italiano, anche se all’epoca la Formula 1 si chiamava in altro modo (A.A.A.). Ne vincerà un terzo in Canada ma nel 1929 e quindi da americano. E nel 1919 gli riuscì un’impresa davvero storica: battere il record del mondo di velocità sul miglio. Avvenne nel febbraio del 1919, quindi ancora da italiano, sulla spiaggia, dalla sabbia speciale, durissima, di Daytona Beach:con la sua potente Packard raggiunse la straordinaria velocità di 241 kmh di media: più veloce degli aerei del tempo. Dal 1915, nessun altro italiano ha mai vinto la “500 Miglia di Indianapolis”, nessun altro italiano ha battuto il record del mondo di velocità e un solo altro italiano, Ascari, ha vinto due titoli mondiali, due come il “foggiano volante”.

In realtà Ralph De Palma divenne famoso in tutto il mondo, molti anni prima, nel 1912. Si correva la “500 Miglia di Indianapolis”. Gli spettatori arrivavano da vari Stati, tanta era l’attenzione e il brivido che quella gara metteva addosso, a piloti e pubblico. De Palma a poche miglia dalla fine, al 197° giro sui 200 previsti, perde un pezzo importante del motore, che inizia a rallentare la sua folle corsa, da tutti ormai considerata vinta dal nostro pilota. Nonostante avesse tanti minuti di vantaggio sul secondo, la Mercedes di De Palma lentamente si ferma. Il traguardo è lontano da quel punto, ma Raffaele De Palma, pugliese di Biccari, non si dà per vinto. Con l’aiuto del meccanico di bordo, vuole a tutti i costi tagliare il traguardo. Cosa tutt’altro che facile, perché la sua Mercedes pesa qualcosa come una tonnellata e 300 chilogrammi, ma l’immane sforzo viene premiato con l’ovazione generale degli 80.000 che acclamano De Palma vero vincitore di quella “500 Miglia”.

Quell’omino testardo, volitivo, capace di due imprese in una sola gara, insomma l’immagine quasi opposta che si aveva in America dell’italiano classico – lavativo, sporco e delinquente – riuscì a sovvertire l’opinione dominante, riscattando un popolo dal basso livello in cui era collocato nel panorama sociale. Con le sue vittorie, le sue gesta e per il modo in cui si comportava, De Palma restituì gradualmente ai milioni di nostri emigrati una soggettività di popolo negata. È anche perciò che consideriamo questo pilota non solo un grande campione dei motori ma anche dei valori, perché De Palma era un vero sportivo: dava consigli tecnici agli avversari. Aiutava chi stava in difficoltà. Rifiutò 13.000 dollari che i tifosi italiani avevano raccolto per lui come “rimborso morale” per la sfortunata gara sostenendo di non meritarli perché non aveva vinto. Si portò una volta in ospedale per confortare un giovane meccanico infortunatosi mentre lo speaker e le autorità lo cercavano per la consegna del premio per l’ennesima vittoria.

Quell’immagine – De Palma che spinge a fatica la sua auto – in poche ore fece il giro del mondo, nonostante la limitatezza tecnologica dei media del tempo, restando impressa per sempre nella memoria collettiva degli sportivi. E di un ragazzo romagnolo in particolare. Si chiamava Vincenzo Ferrari. Nella sua autobiografia, il futuro papà del mitico Cavallino rampante, rivela chiaramente come De Palma fosse diventato il suo idolo, tanto da fargli dire, in risposta all’amichetto Peppino che gli chiedeva cosa volesse fare da grande: “Voglio diventare come lui, anzi, più grande di lui!”. E grazie anche al suo idolo pugliese Ferrari ci azzeccò.Ralph De Palma, come Dorando Pietri da Carpi, divenne famoso per non aver vinto.E come il conterraneo Pietro Mennea, pugliese di Barletta, è a giusta ragione considerato l’uomo più veloce del mondo.

Ed è a questo punto che un anonimo giornalista di provincia, il sottoscritto, si rivolge ai cortesi e più illustri colleghi per chiedere come sia possibile che a un secolo esatto dalla storica vittoria di Indianapolis, che a quasi sessanta dalla sua morte, a nove anni dalla pubblicazione della mia biografia, a due dall’attivazione di un apposito sito (www.ralphdepalma.it) nessuno senta l’obbligo morale, la sensibilità di parlare finalmente a voce alta di Ralph De Palma? Esterrefatto per l’eccesso di calciodipendenza che domina i nostri media, mi domando se non sia finalmente arrivato il momento di restituirgli la dignità storica e la visibilità mediatica che un campione e un personaggio del genere merita. Si approfitti per esempio, proprio della imminente “500 Miglia” di Indianapolis, della cui storica vittoria ricorre il centenario.

A Dorando Pietri e a Primo Carnera – grandi campioni dello sport italiano – è stato dedicato, meritatamente, di tutto e di più: strade, impianti sportivi, tornei internazionali, documentari, libri e altrettante fiction televisive. E al nostro conterraneo Pietro Mennea proprio in questi giorni RAI 1 ha mandato in onda una fiction in due puntate dedicato alla straordinaria vicenda sportiva e umana della “freccia del sud”. L’anno scorso gli hanno anche intestato un treno. Ed erano tutti italiani come lui.

Il mio libro su Ralph De Palma non è più in vendita da anni, quindi non cerco ribalte o vantaggi economici, e il piccolo Comune di Biccari (2.800 abitanti), col quale collaboro in veste di portavoce del “Comitato per le celebrazioni di Ralph De Palma”, da due anni è impegnato con piccole ma coraggiose iniziative, nel restituirgli l’attenzione che merita. Tra maggio e giugno, con un convegno, celebreremo il centenario della storica vittoria di Ralph De Palma a Indianapolis, l’unica di un italiano in 114 anni e depositeremo una corona di fiori sulla sua tomba, a Culver City presso Los Angeles, dove morì nel marzo del 1956. Aspettavamo il grande Alex Zanardi ma ci ha spiegato cortesemente di essere super impegnato, da maggio a luglio e soprattutto all’estero, in varie gare e nel seguire la lavorazione del film che gli hanno dedicato.

Ma con la crisi economica che si è abbattuta soprattutto sui piccoli Comuni, di più non si può fare e così c’è il rischio che per l’ennesima volta, l’oblìo carpisca in una morsa stringente il nostro piccolo, grande Campione, “Gentleman Champion” in America e illustre sconosciuto nella sua Patria.Ralph partì per l’America a nove anni, nel 1891. Non aveva mai visto il mare e le automobili ancora non esistevano. Ma in poco tempo seppe fare grande l’America con delle macchine vere e con imprese sensazionali, in un’epoca tra l’altro contrassegnata dallo stillicidio di morti, tra piloti, meccanici e pubblico. Anche lui, come tanti altri campioni, nonostante una grande ricchezza accumulata nel periodo d’oro della carriera, morì povero, con al fianco solo Marion, la sua seconda moglie.

Maurizio De Tullio– Foggia
m.detullio@isnet.it

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