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SBK, cosa inventeranno adesso per fermare Jonathan Rea?

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Nonostante una Kawasaki castrata dal regolamento, Jonathan Rea ad Imola ha fatto nuovamente valere la legge del più forte. Cosa faranno adesso per arginare il suo dominio?

Con la doppietta di Imola, Jonathan Rea ha scritto l’ennesima pagina del suo dominio in SBK, un campionato che gli appartiene ormai da quasi quattro anni. Quattro saranno probabilmente anche i titoli mondiali che potrà vantare nella propria bacheca di trionfi personali il pilota della Kawasaki. Rea ha battuto tutti in Gara 1, approfittando dell’errore di Davies, ma ha poi ampiamente dimostrato di meritare il trionfo in Gara 2, quando ha affrontato a viso aperto e senza alcun timore il padrone del tracciato che sorge sulle rive del Santerno. Incroci di traiettoria micidiali, ingressi da togliere il fiato e tutto un repertorio di attacchi e difese tra Davies e Rea degni dei più grandi duelli della storia della SBK.

Eppure chi tiene le redini del gioco, non ama affatto questa situazione. Gli appassionati, quelli veri, si sono entusiasmati sulle tribune di Imola, esattamente come fecero nel 2002 quando Colin Edwards riuscì a battere in casa sua e della Ducati un certo Troy Bayliss. Edwards aveva qualcosa come 150.000 tifosi contro in quella giornata, ma alla fine tutti gli tributarono un giusto applauso per la bellezza dello spettacolo offerto. Nel caso di Jonathan Rea, chi dovrebbe applaudire non è felice, perché avere un dominatore del genere non fa bene al business. Non è una questione di sport, è esclusivamente una questione di pubblico, di visibilità. Allora perché invece gli appassionati applaudono e continuano a seguire la SBK? Non è forse noiosa?

Uno sport come il motociclismo non diventa mai noioso, soprattutto se in pista c’è un autentico maestro come riesce ad essere Jonathan Rea in questo periodo. Il britannico guida la Ninja con una tale perfetta danza tra staccate, curve e accelerazioni da far sembrare del tutto naturale aggredire le traiettorie a velocità poco affini al naturale istinto di protezione. Il problema sono i tifosi meno “competenti”, senza voler assolutamente offendere nessuno. Stiamo parlando di quel pubblico generalista che non ha la minima idea della differenza tecnica tra una bicilindrica ed un 4 in linea, eppure fa numero, fa audience e quindi diventa bersaglio delle attenzioni dell’organizzatore, che su quei numeri ci vive.

A questo tipo di pubblico, piace esclusivamente lo show, piace il duello crudo, le polemiche. Sono argomenti che con il motociclismo più puro hanno poco a che fare, ma che determinano quanta linfa vitale animi uno sport. Un pubblico di questo tipo abbonda ad esempio negli States, dove nelle discipline automobilistiche il must è l’omologazione. Stesse macchine, stessi motori, stesse gomme. L’unico obiettivo è lo spettacolo, a qualsiasi prezzo.

Per adesso ancora non siamo arrivati a questo in SBK, ma la paura è che l’ennesima prova di forza da parte di Rea possa portare ad un altro agguato nei confronti della sua velocità. Quando Valentino Rossi dominava in MotoGP, andava bene a tutti, si stava creando un eroe. Non riusciamo a capire perché non si possa fare lo stesso con Jonathan Rea, che intanto ha raggiunto, almeno nei numeri, un altro vero mito come Carl Fogarty.

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