
La Porsche più incredibile mai vista - www.MotoriNews24.com
Pochi ricordano questa vettura con una linea che non sembra certo quella di una supercar, la Porsche dimenticata è qui.
Nel vasto panorama dell’industria automobilistica globale, pochi episodi sono tanto sorprendenti quanto quello che ha visto protagonista la Porsche negli anni ’90 con un progetto destinato a rivoluzionare la sua identità: la realizzazione di una berlina economica pensata per il mercato cinese. Questa vettura, la Porsche C88, rappresenta uno degli esperimenti più curiosi e poco ricordati del leggendario costruttore tedesco, noto principalmente per le sue sportive di lusso.
Nel 1994, il Ministero della Scienza e della Tecnologia cinese lanciò un bando rivolto a venti case automobilistiche internazionali con un obiettivo ambizioso: progettare una vettura accessibile e affidabile, capace di motorizzare la classe media in rapida crescita in Cina. Tra i partecipanti, si distinse la divisione Porsche Engineering, incaricata di sviluppare un prototipo che rispondesse a queste esigenze.
Il risultato fu la Porsche C88, un modello che si distaccava nettamente dall’immagine tradizionale del marchio. A differenza delle celebri coupé sportive, questa vettura era una berlina a quattro porte, con una linea essenziale e priva di richiami estetici alle sportive per cui Porsche è famosa. Non compariva alcun logo Porsche sulla carrozzeria, segno evidente dell’intento di offrire un prodotto funzionale e non lussuoso, pensato per un pubblico completamente diverso.
Dal punto di vista tecnico, la C88 montava un motore anteriore da 1.1 litri, capace di erogare tra i 48 e i 68 cavalli, abbinato a un cambio manuale a cinque marce. Questa scelta puntava a garantire un buon equilibrio tra prestazioni, economia di esercizio e affidabilità, elementi fondamentali per un’auto destinata a milioni di famiglie cinesi.
Ricorda molto una Daweoo
L’estetica della vettura era volutamente semplice: forme squadrate e linee funzionali che ricordavano più utilitarie come quelle di Daewoo o Dacia piuttosto che le sinuose silhouette tipiche delle Porsche sportive. Il nome stesso, C88, fu selezionato con cura per il mercato locale: la “C” indicava la Cina, mentre il numero “88” è considerato un simbolo di prosperità e fortuna nella cultura cinese.
Il prezzo stimato per la vettura si aggirava intorno agli 8.000 dollari, un target che avrebbe permesso di raggiungere un’ampia fetta di consumatori. Nonostante la natura economica della C88, il progetto non trascurava la sicurezza, includendo caratteristiche come la colonna dello sterzo collassabile e le zone a deformazione programmata, elementi che sottolineavano l’intento di offrire una vettura sicura e affidabile. L’abitacolo era spartano ma funzionale, pensato esclusivamente per soddisfare le esigenze di una famiglia media senza superflui accessori o dettagli di lusso.

La presentazione ufficiale della Porsche C88 avvenne al Salone dell’Auto di Pechino nel 1994, dove il prototipo attirò l’attenzione di esperti e pubblico. Tuttavia, nonostante l’interesse suscitato, il governo cinese decise di annullare il progetto senza scegliere alcun vincitore. Le motivazioni precise non sono mai state chiarite ufficialmente, ma la decisione segnò la fine di questa particolare avventura. Anche se il progetto non diede origine a una produzione di serie, molte delle soluzioni tecniche e delle idee sviluppate durante il concorso contribuirono comunque a stimolare l’industria automobilistica cinese, che negli anni successivi ha visto una crescita esponenziale.
Oggi, la Porsche C88 è conservata come un pezzo di storia insolito nel museo Porsche di Stoccarda, simbolo di un momento in cui la casa tedesca tentò di allontanarsi dalla sua vocazione sportiva per abbracciare una sfida sociale ed economica completamente nuova.
Dopo questo esperimento, Porsche tornò rapidamente a concentrarsi sulla produzione delle sue vetture iconiche, come la Boxster e il SUV Cayenne, modelli che hanno contribuito a rilanciare l’immagine e la redditività del brand. La vicenda della C88 rimane un episodio unico nel suo genere, testimonianza di come anche i marchi più prestigiosi possano esplorare strade alternative, talvolta incompatibili con la loro identità storica, ma che arricchiscono il loro patrimonio narrativo e tecnologico.