
Un rimpianto tremendo - www.MotoriNews24.com
Questa casa produttrice aveva letteralmente l’oro in mano e lo ha sprecato, forse però non era il momento adatto.
Ad oggi, tutte le case automobilistiche – o quasi – producono almeno una vettura elettrica. Chiaramente, c’è chi è arrivato prima su questo mercato, come Tesla, mentre altri brand hanno faticato o comunque aspettato a lungo prima di inserirvisi attendendo che questo tipo di realtà diventasse una vera e propria tendenza di mercato. In ogni caso, come succede spesso, la prima azienda a puntare su questi prodotti è quella che ci ha guadagnato di più in soldi e reputazione.
Eppure, le cose sarebbero potute essere molto diverse. Vari brand come Toyota – che poi puntò sull’elettrico – e General Motors con la sua EV-1 avevano intuito l’enorme potenziale delle auto elettriche, senza però puntarci abbastanza; un’altra casa europea aveva un progetto ad inizio anni novanta che avrebbe potuto essere la grande rivelazione del Vecchio Continente ma anche qui, non ebbe sufficiente fiducia nel veicolo.
Ad oggi la casa BMW ha un fiorente ramo di automobili elettriche sul suo listino, a cui si aggiungerà molto presto la nuovissima Neue Klasse, eppure, è possibile che i dirigenti non dimenticheranno ed accetteranno tanto presto l’errore di valutazione compiuto oltre vent’anni fa, quando sembrava che l’azienda potesse diventare il primo marchio europeo a produrre in serie un’automobile elettrica.
Il rimpianto di BMW è assurdo
Era il 1991 quando all’International Motor Show che si teneva nella località casalinga di Francoforte BMW svelò al mondo un progetto ideato da Mark Clarke, designer che ha creato una delle prime monovolume elettriche della storia. Si trattava della BMW E1, un progetto nato come innovazione ma finito nel dimenticatoio dell’azienda molto presto, nonostante il clamore suscitato alla sua grande presentazione.

Lunga meno di 3,5 metri, la vettura poteva ospitare tranquillamente quattro adulti. Forse lo spazio a bordo e nel vano bagagli non era impressionante, eppure, con il suo motore a batteria da 45 cavalli per 19 kilowattora a base di solfato di sodio l’auto poteva tranquillamente muoversi senza emettere il minimo livello di CO2: era a tutti gli effetti una Tesla avanti sugli anni, forse anche meno costosa in proporzione del progetto di Elon Musk.
In realtà l’intera struttura dell’auto era costruita secondo una filosofia di conservazione e sostenibilità. La carrozzeria era in leggerissimo alluminio mentre gli interni, cosa incredibile per una BMW a pensarci oggi, erano in plastica riciclata. Della vettura venne realizzata anche una seconda versione ibrida in grado di arrivare a 130 chilometri orari nel 1993 ma oltre ad essere troppo in anticipo sui tempi, la piccola E1 fu anche molto sfortunata.
L’auto infatti andò distrutta in un incendio il che è ironico, considerando i primi casi di incendi di Tesla che hanno portato al falso mito delle auto elettriche che prendono fuoco da sole. Un’auto che, si può dire, è andata “bruciata” prima di poter cambiare il mondo. Chissà se oggi verrebbe accolta con lo stesso entusiasmo?