
NSU Prinz (Depositphotos foto) - www.motorinews24.com
Nel vasto panorama automobilistico esiste una categoria di vetture che hanno lasciato un segno indelebile per la loro bruttezza.
Le auto più brutte della storia sono protagoniste di un curioso primato: modelli dal design discutibile che, nonostante ciò, hanno conquistato una certa notorietà. Scopriamo insieme le otto vetture che hanno segnato questa particolare classifica, partendo dall’NSU Prinz che si aggiudica l’ottavo posto. Prodotta dal 1961 al 1973, questa piccola utilitaria europea è stata soprannominata “la vasca da bagno” per la sua linea estremamente semplice e simmetrica, con un frontale praticamente identico al posteriore. Sebbene fosse apprezzata per la sua praticità e affidabilità, il suo aspetto banale ha fatto sì che venisse spesso derisa e inserita tra le auto con il design meno riuscito.
Al settimo posto figura la Fiat Multipla, modello che continua a dividere gli appassionati. Nonostante il look poco convenzionale, questa monovolume si è distinta per l’innovativa capacità di ospitare sei passeggeri in meno di quattro metri di lunghezza, un risultato tecnico rilevante. La sua silhouette, tuttavia, è stata oggetto di critiche aspre: definita da molti “la più brutta di sempre”, è stata anche celebrata come pezzo da museo, essendo esposta al MoMA di New York, simbolo della sua singolare importanza culturale.
La sesta posizione è occupata dalla Citroen Ami 6, vettura dal design estremamente originale ma controverso. Il taglio posteriore, asimmetrico e spigoloso, ha sollevato molte critiche, tanto che il celebre designer Flaminio Bertoni commentò ironicamente che sembrava “avere investito tre pedoni”. Questo modello rappresenta uno degli esempi più marcati di scelte stilistiche audaci ma poco apprezzate dal grande pubblico. L’italiana Fiat Duna si posiziona al quinto posto, evocando ricordi contrastanti soprattutto in America Latina, dove fu prodotta. Derivata dalla Fiat Uno con l’aggiunta di un voluminoso bagagliaio, è stata spesso criticata per la sua silhouette poco armoniosa, nonostante vantasse una qualità costruttiva superiore alla sua progenitrice.
Modelli recenti e flop commerciali
Al quarto posto troviamo la Daihatsu Materia, prodotta tra il 2002 e il 2016. Il suo design squadrato e i lineamenti geometrici ne hanno fatto un modello poco amato, definito da molti un “mattone su quattro ruote”. Nonostante fosse funzionale, la mancanza di appeal estetico ha pesantemente condizionato la sua reputazione.
La terza posizione è della seconda generazione della Ford Scorpio, un modello che ha rappresentato un clamoroso insuccesso commerciale. Caratterizzata da un muso che molti hanno paragonato a un pesce con la bocca aperta e un posteriore poco armonioso dominato da una lunga fascia luminosa, questa berlina di fascia medio-alta ha segnato il ritiro temporaneo di Ford dal segmento di mercato.

La medaglia d’argento va alla Pontiac Aztek, un modello che, fortunatamente, non ha mai avuto una diffusione ufficiale in Europa ma che ha raggiunto una certa fama come l’auto di Walter White nella serie televisiva “Breaking Bad”. La Aztek è spesso ricordata per il suo design eclettico e mal riuscito, con proporzioni sbilanciate e un abbinamento cromatico bicolore che la rendeva difficile da ignorare, ma non certo per motivi positivi.
La palma dell’auto più brutta
Al primo posto nella classifica delle auto più brutte di sempre si trova la SsangYong Rodius. Questo modello sudcoreano è unanimemente riconosciuto come esempio estremo di design poco riuscito. La sua silhouette massiccia e il terzo volume posteriore sembrano fuori luogo e innaturali, mentre il caratteristico montante a “Z” è stato un esperimento che non ha mai convinto. Soprannominata “ferro da stiro ambulante”, la Rodius è spesso citata come simbolo di un fallimento estetico che ha segnato negativamente la reputazione del marchio.
Queste vetture, pur essendo spesso oggetto di scherno, rappresentano una parte importante della storia automobilistica e del design industriale, mostrando come l’innovazione e il coraggio nelle scelte stilistiche possano talvolta tradursi in risultati controversi e difficili da accettare per il grande pubblico.